Il plafond per gli esportatori abituali è un beneficio fiscale previsto dalla normativa IVA italiana che consente alle aziende che effettuano un significativo volume di operazioni con l’estero di acquistare beni e servizi senza l’applicazione dell’IVA, entro un determinato limite quantitativo.

L’utilizzo del plafond permette agli esportatori abituali di migliorare la propria liquidità, evitando di anticipare l’IVA sugli acquisti che verrebbe comunque recuperata in un secondo momento. Tuttavia, l’uso di questo beneficio richiede una gestione attenta e precisa della documentazione e delle registrazioni contabili, per evitare contestazioni in caso di controlli fiscali.

Vediamo nel caso specifico quando matura il plafond nel caso di pagamenti di fatture in acconto preordinate all’effettuazione dell’esportazione.

Problema: Un’associazione di settore chiede chiarimenti sulla formazione del plafond IVA per le cessioni di beni a clienti extra-UE da parte dei propri associati. In particolare, si chiede se il plafond si formi in corrispondenza dei singoli acconti fatturati o solamente al momento del definitivo trasferimento della proprietà.

Soluzione proposta: L’Agenzia delle Entrate chiarisce che la fatturazione e registrazione degli acconti concorre alla formazione del plafond, a condizione che l’operazione nel suo complesso sia preordinata ad una cessione all’esportazione.

Sul punto nel dettaglio:

  1. L’Agenzia richiama la circolare n. 145/E del 1998, che stabilisce il momento costitutivo del plafond in base alle operazioni registrate ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972.
  2. Si evidenzia che il criterio della registrazione semplifica gli adempimenti dei contribuenti, facendo coincidere il plafond disponibile con le risultanze contabili e i dati della dichiarazione annuale IVA.
  3. L’Agenzia conferma che nelle ipotesi di emissione anticipata di fattura o pagamento anticipato dei corrispettivi, tali importi concorrono sia alla determinazione dello status di esportatore abituale che alla formazione del plafond.
  4. Si richiama la risoluzione n. 94/E del 2013, che aveva già chiarito come operazioni preordinate all’esportazione, anche con effetto traslativo differito, possano essere considerate cessioni all’esportazione non imponibili ai fini IVA.
  5. L’Agenzia sottolinea l’importanza che l’operazione sia, sin dall’origine, concepita in vista del definitivo trasferimento della proprietà della merce all’estero.
  6. Si precisa che se l’operazione non va a buon fine, il plafond costituito sulle fatture di acconto deve essere opportunamente rettificato.

In pratica un’azienda italiana che esporta prodotti dovrebbe seguire questi passi:

  1. Stipulare un contratto con il cliente extra-UE che dimostri chiaramente l’intenzione di effettuare una cessione all’esportazione.
  2. Emettere fatture per gli acconti ricevuti, registrandole tempestivamente.
  3. Annotare queste fatture nel registro delle vendite (art. 23 del D.P.R. 633/1972).
  4. Includere questi importi nel calcolo del plafond IVA disponibile.
  5. Al momento della spedizione dei beni, emettere la fattura a saldo e completare le procedure doganali di esportazione.
  6. Conservare tutta la documentazione che prova l’effettiva uscita dei beni dal territorio dell’UE.
  7. Se per qualche ragione l’operazione non si conclude con l’esportazione, l’azienda dovrà rettificare il plafond precedentemente costituito sugli acconti.
  8. Tenere un registro separato per tracciare le operazioni che contribuiscono al plafond, collegando gli acconti alle relative esportazioni definitive.

Questo approccio consente all’azienda di beneficiare del plafond IVA fin dal momento della fatturazione degli acconti, migliorando la gestione finanziaria, ma richiede anche un’attenta gestione documentale per dimostrare la natura dell’operazione in caso di controlli.

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