La recente sentenza di Cassazione[1] ribadisce 2 principi consolidati nella giurisprudenza, da considerare, nel caso si subisca un accertamento:

1) In presenza dei presupposti per poter operare un accertamento analitico o un accertamento induttivo, l'Amministrazione è libera di scegliere a quale tipologia di accertamento ricorrere, per quantificare la maggior pretesa impositiva. Posto che un accertamento induttivo comporta minori garanzie per il contribuente rispetto ad una accertamento induttivo.

2) L'applicazioni di percentuali di ricarico inferiori, rispetto alla media del settore, non possono costituire il fondamento per un accertamento induttivo, posto che le percentuali di ricarico medie costituiscono "il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di
dati disomogenei, che fissa soltanto una  regola  di  esperienza.  Pertanto, tali valori in nessun caso possono  giustificare  presunzioni  qualificabili come "gravi e precise".

Segnaliamo che la sentenza in commento riteneva quale presunzione grave precisa e concordante, il calcolo della percentuale di ricarico che si desumeva con precisione dai documenti contabili della società, in relazione alla vendita di specifici prodotti. Trattandosi secondo il giudizio della Corte "di risultati valutativi  emergenti  da  dati  riferiti alla specifica impresa interessata, che come tali  rappresentano  un  "fatto noto" storicamente verificato, sul quale è possibile fondare una presunzione di reddito ex art. 2727 del codice civile.

[1] Sent. n. 10960 del 27 febbraio 2007 (dep. il 14 maggio 2007)

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